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lunedì 21 maggio 2018

GLI ANIMATORI E IL LORO RAPPORTO CON ADULTI E ANZIANI

L'aridità con cui oggi si impostano i rapporti di amicizia, costringe l'uomo a scaricare i suoi inevitabili problemi personali, di qualsiasi natura essi siano, nella sfera familiare.

Ciò perché il rapporto con i nostri simili spesso è talmente superficiale, che non viene mai presa in considerazione l'ipotesi di raccontare loro episodi ritenuti personali, privati.
 La mancanza di una concreta valvola di sfogo, il ritmo incessante imposto dalla moderna società, creano sia a livello del singolo che nei gruppi, delle situazioni di aggressività a volte insostenibili. In questi casi, occorre modificare l'atteggiamento nei confronti del prossimo, anche attraverso i servizi resi da un professionista dei rapporti sociali: l'animatore.

 Il comportamento aggressivo è insito nella natura umana, alcuni studiosi sostengono infatti, che si tratta di un impulso istintivo, altri considerano l'aggressività non come istintiva bensì come una particolare reazione a frustranti problematiche esterne. Freud nel corso degli anni ha elaborato una serie di teorie circa l'aggressività, arrivando ad una svolta finale e definendola "Thanatos" che in greco significa istinto di morte, si tratta di una tendenza presente in ogni uomo e che si manifesta attraverso impulsi aggressivi.

 L'animatore non è certamente uno specialista, un vero conoscitore della "psiche umana " né gli si chiede di esserlo ma può, sia pure in parte, aiutare l'utenza rendendo i rapporti più liberi, più armoniosi, fungendo da parafulmine sul quale l'utente scarica tutte le sue angosce, le aggressività. Ogni individuo ha differenti esigenze, dei problemi di diversa natura, sia che si tratti di un bambino che di un adulto o anziano, l'animatore deve capire ciò che può soddisfare i loro bisogni ed adoperarsi, per farlo con competenza e professionalità.
Negli adulti un altro motivo che causa preoccupazioni, ansietà, sono i segni dell'invecchiamento, le prime rughe, i capelli che spesso incominciano ad imbiancare, fanno percepire il "declino" fisico. Questo lo si avverte a livello inconscio, facendo vivere le imperfezioni fisiche, gli acciacchi dovuti all'età, come una degradazione dell'essere uomo.
Tale stato di cose a volte, porta al rifiuto del contatto con gli altri, con il mondo esterno, nel vano tentativo di non accettare di invecchiare.
Compito dell'animatore è tenere nel giusto conto anche queste motivazioni, egli deve risvegliare il piacere di stare tra la gente, far accettare il naturale invecchiamento del corpo, adoperando le giuste tecniche educative e di comunicazione che in base all'età, al carattere del singolo, al contesto sociale in cui si opera, risultano mutevoli e variabili. Occorre tener presente che l'uomo non può vivere da solo, egli nasce, cresce, studia, lavora e si diverte, sempre insieme agli altri, ecco uno dei motivi per cui la presenza degli animatori, spesso risulta indispensabile. Sempre riferendosi alla terza età, sarà utile sottolineare che i dati riportati dalle riviste e dai maggiori quotidiani, evidenziano come oltre la metà degli ultrasessantacinquenni godono di una salute perfetta e solo il 20% di questi, dichiara di avere dei seri problemi fisici, mentre per quanto riguarda gli ultraottantenni la percentuale sale al 30%. Secondo le varie statistiche, la vita media degli italiani è di : 75 anni per gli uomini e 80 per le donne, questo stato di cose ci fa riflettere se abbia ancora un senso parlare di anzianità a 65 anni. La continua evoluzione delle ricerche scientifiche, mediche, come l'abbassamento preoccupante del tasso di natività, ci presenta quindi una società del 2000 con una elevata popolazione di anziani. Il problema sociale ed umano della terza età però, non è tanto di tipo anagrafico, ma di valori, di ideali. In altre parole, la gioventù si perde quando si perde il gusto per la vita, per i sentimenti, le emozioni. Si tende ad invecchiare quando scompare ogni interesse per tutto ciò che ci circonda, per il nostro prossimo, è compito degli animatori contribuire a che tutto ciò non accada. Gli psicologi, sostengono che è proprio in questa delicata fase di "apatia" che l'anziano abbassa le difese, si ammala, cessa di vivere, subendo lo scorrere del tempo senza aspirazioni e programmi futuri. L'animatore del sociale, deve stimolare l'anziano infondendogli fiducia e considerazione, continuando a farlo sentire utile alla società, offrendo la propria esperienza professionale con competenza, semplicità e naturalezza. Si tratta di saper spingere l'utente a vivere la propria età in maniera attiva e creativa, anche attraverso attività ricreative e di tipo fisico-psichiche ( es. educazione fisica per le terza età ). La funzione dell’animazione in gruppi di adulti e specialmente con la terza età persegue fini educativi oltre che di socializzazione e di crescita in termini di maturazione dell’anziano. Questo va sempre visto in una prospettiva educativa che ha al centro non l’assistenza, ma l’obiettivo primario è quello di dar vita ad attività di esperienze sotto il profilo umano, di vero e proprio protagonismo per gli appartenenti alla terza età. Si tratta di assolvere un ruolo assai delicato, dove l’animatore sociale dell’area anziani dovrà tener presente alcuni fattori di rilevante importanza quali :

 a) l’animatore deve per prima cosa, riconoscere il carattere educativo del suo compito e in qualità di educatore, deve inculcare nell’utenza il concetto che tutto il patrimonio di esperienze che hanno raccolto nella loro vita non è terminato nel momento in cui si è smesso di lavorare, non s’è concluso nell’attimo stesso in cui il declino fisico, il peso degli anni si fanno sentire.
 Occorre far capire alla persona anziana, che quelle esperienze sono ancora vive e che lo stesso anziano è ancora “ vitale ”.

 b) l’animatore deve aiutare il gruppo a riallacciare i rapporti con il prossimo, ritrovare un clima di relazioni umane aperto e sincero, sapendo cogliere le esigenze dei singoli. Un ambiente sereno, improntato al gusto della vita, all’entusiasmo di partecipare ad attività ricreative e socializzanti ciò per far superare quel concetto di assistenzialismo e ricondurre a maggiore dignità i rapporti nel gruppo.

 c) l’animatore deve possedere una certa autorevolezza e dimestichezza nel mediare i rapporti, ciò per conquistare la fiducia delle persone. Tale stima e fiducia, si ottiene tramite la reale capacità dell’ animatore di comprendere la specificità dei singoli, la diversità di ciascuno.

 Il gruppo è composto da tanti elementi ognuno diverso dall’altro come personalità e carattere e l’animatore deve fungere da punto di riferimento per stimolare ciascuno, aiutarlo ad integrarsi con gli altri. Il tutto in un’ atmosfera di confidenza non banale dove si è tutti uniti per raggiungere un traguardo comune e nel rispetto reciproco.

 d) l’ animatore deve tenere nel giusto conto il fatto che, spesso l’unico argomento che hanno in comune le persone di una certa età, l’unico mezzo a loro disposizione per comunicare con i loro simili, si traduce in una forma di comunicazione contenente racconti riguardanti i loro acciacchi e le loro sofferenze. Questo è un mezzo che consente di allacciare rapporti tra persone della terza età ed è un modo per manifestare un bisogno di entrare in contatto con il prossimo, ma è anche molto poco. Bisogna che l’animatore faccia in modo che tutte le esperienze negative della terza età non diventino l’unico argomento di conversazione, si devono distogliere gli anziani facendo passare i loro problemi, i loro acciacchi, in secondo piano. Si deve far intraprendere una serie di attività che facciano riscoprire il piacere di stare tra la gente, occorrerà far riaffiorare degli interessi, delle attitudini, verso questa o quella disciplina sportiva o mediante le attività ludiche rivolte principalmente a queste determinate fasce di età.


 ( a cura dello staff di Animandia, tratto da Analisi generale dell’animazione Edizioni Effegi)  


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